6 Novembre 2020

NON SEMPRE L’ERBA DEL VICINO E’ PIU’ VERDE

di Raffaele Avallone

l’America è una grande democrazia, ma il sistema con cui viene eletto il Presidente USA sta mostrando criticità fino a ieri insospettate.

Cominciamo col dire che non sono i 255 milioni di elettori americani ad eleggere il loro Presidente ma 538 Grandi Elettori.

Il numero è fatto pari a quello dei 100 senatori (2 per ognuno dei 50 stati) e i 435 deputati, cui vanno aggiunti 3 rappresentanti del distretto di Columbia dove ha sede la capitale Washington.

Viene eletto presidente chi ottiene la maggioranza + 1 dei voti dei Grandi Elettori e cioè 270

Ma come si arriva ad eleggere i Grandi Elettori?

Ogni stato elegge un certo numero di Grandi Elettori in base alla sua popolazione. E così la California, che è lo stato più popoloso, ne elegge 58, a seguire c’è il Texas con 38, la Florida con 29 e via via tutti gli altri in ordine decrescente di popolazione, fino ad arrivare all’Alaska ed altri piccoli stati che eleggono solo 3 grandi elettori.

Il voto non è però proporzionale ma maggioritario.

Questo significa che chi vince prende tutto il malloppo (winner takes all come recitava una vecchia canzone degli Abba). Chi vince ad esempio in California, anche per pochi voti, conquista tutti e 58 i grandi elettori di quello Stato e al secondo non va niente.

A questa regola fanno eccezione gli Stati del Nebraska (che assegna 5 grandi elettori) e del Maine (che ne assegna 4), in cui vige il sistema proporzionale, per cui i grandi elettori vengono nominati in proporzione ai voti effettivamente ottenuti.

Questo spiega perché può accadere che venga eletto Presidente il candidato che ha preso in tutta l’America meno voti dell’altro ma ha vinto, anche se per poco, in Stati che dispongono di un maggior numero di grandi elettori.

Ciò che è di recente accaduto proprio con Trump e Clinton

Può anche accadere che qualcuno di essi possa “tradire” e votare il 14 dicembre prossimo, a scrutinio elettorale concluso, per un Presidente diverso da quello che lo ha designato.

E anche questo è già accaduto.

Altra peculiarità del sistema elettorale americano è il voto per posta che viene espresso mediamente un mese prima del giorno stabilito per il voto in presenza ai seggi. Questo significa che chi vota per posta non viene inciso, positivamente o negativamente, dalla campagna elettorale, dai dibattiti televisivi e dalle proposte dei candidati sui vari temi di politica interna ed estera.

Ricordiamo che quest’anno, complice anche la pandemia, il voto per posta è stato utilizzato da circa 100 milioni di americani, quindi da una percentuale significativa e tale da pesare notevolmente sul risultato elettorale.

Sta di fatto che i ricorsi già fioccano, come abbiamo visto.

Dall’esame del sistema elettorale appena descritto si possono evidenziare, a mio parere, almeno tre criticità

In primo luogo potrebbe essere eletto Presidente il candidato che rappresenta la minoranza e non la maggioranza degli americani: e questo è già abbastanza grave.

In secondo luogo chi decide di votare per posta sceglie il candidato molto prima del giorno fissato per le elezioni e quindi vota senza conoscere i programmi e le proposte politiche dei candidati

La campagna elettorale diventa quindi ininfluente ai fini della scelta.

In terzo luogo non mi sembra giusto che su 50 Stati americani si voti col sistema maggioritario in 48 di essi e col sistema proporzionale in altri 2 (Nebraska e Main), con un evidente disparità di trattamento tra elettori.

Insomma, non lamentiamoci

Non sempre l’erba del vicino è più verde.

Raffaele Avallone

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