12 Agosto 2020

LA BRUTALE VERITA’

Di Raffaele Avallone

Come ho purtroppo previsto in un mio precedente scritto (la terribile eredità del coronavirus) si segnalano le prime vittime della pandemia per ragioni economiche e non sanitarie. Temo non saranno né le uniche, né le ultime, perché molte ne seguiranno.

La situazione è molto seria e richiede interventi non solo eccezionali ma strutturali. La nostra economia, fatta di milioni di piccole aziende artigiane, commerciali e professionali, è in crisi e non si risolleverà fino a quando al governo non avremo finalmente politici illuminati e non degli improvvisati, degli statisti che sappiano guidare la nazione fuori dal baratro in cui sta rischiando di piombare.

Le misure adottate sono francamente balbettanti, pavide, niente affatto incisive. Soprattutto esse non tengono conto che a differenza di altri paesi europei, in Italia il tessuto economico è costituito per il 92% da aziende con meno di 10 dipendenti ed a conduzione familiare, che producono però un fatturato complessivo di 2.000 miliardi di euro. Negli altri paesi europei detta percentuale si attesta intorno al 50% con fatturati sensibilmente inferiori. Quindi è sbagliato fare paragoni disomogenei con altre economie.

Se questa, nel bene o nel male, è la nostra peculiarità, si impongono allora scelte particolari che non possono e non debbono trovare né il formante ideologico, né il paradigma strategico, nelle politiche economiche degli altri paesi europei. L’Europa per prima dovrebbe rendersene conto.

Purtroppo queste scelte non sono state effettuate. Basti pensare allo stanziamento dei famigerati 400 miliardi annunciato con preoccupante trionfalismo e miopia dal nostro governo.

La brutale verità è che su un totale di oltre 4 milioni e mezzo di aziende che danno lavoro a circa 16 milioni di dipendenti e che sono potenziali destinatarie del tanto sbandierato bazooka del governo, meno di 28.000 di loro hanno ad oggi ottenuto il prestito bancario. Praticamente un fallimento colossale.

In un altro scritto (la proposta indecente) avevo criticato la manovra governativa facendo rilevare che le aziende non hanno bisogno di prestiti ma di agevolazioni fiscali e contributive per ridurre i costi: solo così avrebbero potuto evitare di chiudere. Servivano poi finanziamenti a fondo perduto per pareggiare le spese sostenute nel periodo di chiusura forzata, ma sono arrivate solo 600 euro ad azienda. Mettevo anche in guardia le stesse aziende dal non farsi “indurre in tentazione”, consigliando loro di non chiedere prestiti che diventavano poi debiti da restituire. Sottolineavo che quei soldi non sarebbero serviti a salvare l’azienda ma a pagare le tasse arretrate e ad evitare di dover licenziare i propri dipendenti. Insomma, il favore lo avrebbero fatto allo Stato e non a se stesse.

Le uniche aziende che avrebbero avuto interesse ad indebitarsi erano in realtà quelle a cui la banca, senza la garanzia dello Stato, non avrebbe mai concesso un centesimo perché segnalate alla Centrale Rischi del sistema interbancario a causa di omessi o anche solo ritardati pagamenti di mutuo, finanziamenti ecc.

Purtroppo, però, queste aziende, che sono circa 272.000, inspiegabilmente sono state escluse per legge dalla possibilità di accedere ai finanziamenti garantiti. La scelta è censurabile sotto due diversi profili.

Sotto il primo profilo penso che uno Stato dovrebbe pensare prima di tutto a chi è più bisognoso e poi a chi sta bene o abbastanza bene. E’ come se in questa pandemia tutti gli ospedali esponessero un cartello con su scritto: “Qui curiamo solo le persone sane, i malati possono curarsi da soli o morire a casa loro”.

Naturalmente non voglio dire che bisogna aiutare tutte le aziende, anche quelle già decotte ed in chiaro stato di insolvenza, che spesso per non chiudere sono portate ad attuare politiche commerciali disinvolte ed al limite della concorrenza sleale, danneggiando così tutte le altre. Assolutamente No. Mi riferisco invece a quelle aziende sane che hanno avuto solo la sfortuna, per le ragioni più disparate, di attraversare momenti di difficoltà e che hanno i fondamentali giusti per riprendersi.

Sotto il profilo economico, invece, la scelta appare scriteriata perché così si lasceranno per strada centinaia di migliaia di aziende con i relativi dipendenti che andranno ad aggiungersi ai già tanti disoccupati. Con la conseguenza che lo Stato non incasserà da loro un solo euro di tasse e sarà per giunta costretto ad intervenire per garantire loro assistenza e sussidi di varia natura, con notevole aggravio del bilancio statale. Per non parlare dell’effetto devastante che tali inedite situazioni potranno avere sulla depressione dei consumi e quindi della ricchezza nazionale, e prima ancora su quella, clinica, delle persone.

E le prime conseguenze le stiamo purtroppo già vedendo.

30 aprile 2020

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